Lo avevamo temuto, avevamo sperato fosse solo una fosca previsione che non si sarebbe realizzata, ci eravamo adagiati sugli allori di una ritrovata sicurezza… ed eccoci qui, di nuovo a fare i conti con il Coronavirus.

Mascherine, distanziamento sociale, chiusure e limitazioni alla libertà di movimento: c’è tutto il pacchetto completo.

Compresi i dubbi, le informazioni complete o inesatte che alimentano superstizioni e paure.

Però, a ben vedere, non è del tutto un passo indietro. Qualcosa è stato guadagnato. Innanzitutto, la nostra consapevolezza, che è sicuramente maggiore e più attenta. E poi anche l’esperienza nell’applicazione di buone pratiche e contenimento dei rischi.

Se all’inizio della primavera il virus ci aveva colti alla sprovvista e totalmente in balia della nostra impreparazione ora non è più così. E anche la scienza ha fatto notevoli progressi nella sua conoscenza e nell’approccio alla malattia.

È molto recente, infatti, lo studio realizzato, tramite simulazione 3D, dai ricercatori dell’ospedale Pediatrico Bambin Gesú, mirato a capire e verificare i metodi di propagazione delle particelle salivari successive a un colpo di tosse, il famoso droplet.

I risultati della simulazione simulazione, effettuata in collaborazione con gli ingegneri di Ergon Research e la Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Environmental Research e sono in grado di fornire nuovi e interessanti spunti di lavoro inerenti le reali dinamiche di dispersione del virus nell’aria

 

Come funziona lo studio.

La ricerca prevedeva il tracciamento, attraverso modelli di Simulazione Fuidodinamica Computazionale, delle goccioline di saliva e dell’areosol provocati da un colpo di tosse nei 30 secondi successivi allo stesso, all’interno della sala d’attesa di un pronto soccorso pediatrico dotato di sistema di aerazione ospitante 6 bambini e 6 adulti senza mascherina.

Gli scenari previsti dalla ricerca erano tre:

·        con il sistema di areazione completamente spento,

·        un sistema direzione a velocità standard,

·        un sistema di areazione a velocità doppia

Combinando dati e parametri fisici che regolano il movimento delle particelle in un fluido quale l’aria (velocità, accelerazione, quantità, moti convettivi provocati dall’aria condizionata) è stato ottenuto un modello fisicamente corretto capace di riproporre quello che avverrebbe in un’identica situazione reale

 

I risultati

La simulazione ha rivelato dei risultati sorprendenti o quantomeno diversi da quelli che sima stati abituati a sentire in questi mesi dalle “voci di corridoio” che non hanno mai smesso di circolare quando si trattava di SARS-CoV-2.

Viene infatti confermato il ruolo centrale che i sistemi di condizionamento e climatizzazione hanno sulla diffusione delle particelle di saliva, ma non in senso negativo ovvero come vettori di diffusione e amplificazione del pericolo, bensì con un ruolo di limitazione e contenimento.

·        si è visto infatti che raddoppiando il volume dell’aria in circolazione (calcolato in m3 per ora) la concentrazione all’interno della stanza chiusa quale era l’ambulatorio, diminuiva del 99,6%.

Questo perché un così forte flusso d’aria aumenta la dispersione del droplet sia in termini di tempo (più rapida) che in termini di spazio (più distante)

 

Con il condizionatore spento le persone vicine a chi tossisce (1, 76m in questo caso) respirano l’11% di aria contaminata mentre i più lontani non vengono raggiunti.

Impostando il flusso a velocità doppia la prima percentuale scende allo 0,3% mentre la seconda si alza allo 0,8%.

In entrambi i casi, tuttavia si tratta di numeri irrisori non influenti in termini di contagio.

 

Considerato che, come sostiene il prof. Carlo Federico Perno, responsabile di Microbiologia e Diagnostica di Immunologia del Bambino Gesù, la trasmissione attraverso il respiro è strettamente legata a tre fattori

1.      status immunitario della persona che viene contagiata

2.      quantità di patogeno nell’aria (in particelle per m3)

3.      aerazione dell’ambiente

risulta evidente che il ricambio d’aria, ottenuto anche con la climatizzazione forzata e non solo con l’apertura delle finestre, si rivela un alleato fondamentale nel contenimento della dispersione.

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